Nella solenne cornice della chiesa Matrice di Maria Santissima Addolorata di Soverato Superiore, lungo quella che viene chiamata la Costa degli Aranci, è custodito un capolavoro rinascimentale che porta la firma di Antonello Gagini, uno dei più grandi scultori dell’Italia meridionale di questo florido periodo artistico.
Stiamo parlando della Pietà, una scultura marmorea che prende spunto dalla Pietà del grande Michelangelo Buonarroti, ma è soggetta a una reinterpretazione singolare, che le conferisce un’identità peculiare.
L’opera fu commissionata il 26 settembre del 1521 da Giovanni Martino D’aquino, che chiese al Gagini di scolpire la sua opera più “bella ed eccellente”; all’artista veniva richiesto di realizzare una scultura in marmo bianco che misurasse 155 cm (6 palmi), con al centro San Tommaso D’Aquino che calpestava Averroè (il più importante filosofo arabo del medioevo). Il risultato soddisfò e superò le aspettative: il volto della Madonna esprime una sofferenza più umana ed intensa rispetto alla rappresentazione di Michelangelo, dove la madre di Cristo, dal volto decisamente più giovane, lascia trasparire un dolore contenuto, caratterizzato da un’aura di serenità.
Originariamente il capolavoro fu destinato alla chiesa del convento di Santa Maria della Pietà di Petrizzi, che però venne coinvolto nel distruttivo sisma che mise in ginocchio l’Italia meridionale nel 1783. Un carro trainato dai buoi trasportò il gruppo marmoreo deturpato nella Soverato Superiore, dove venne pitturato con l’apporto di macchie di sangue sul Cristo.
A partire dal 1964, iniziarono i lavori di restauro per merito dell’Opificio delle pietre dure di Firenze, che si occupò dell’inclusione dei frammenti mancanti e nel 1968 riconsegnò l’opera alla Chiesa Matrice, dove oggi può essere ammirata.
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